IL TRIBUNALE Nel corso dell'odierno procedimento dinanzi al G.U.P. presso il tribunale di Lucera a carico di Tizzani Antonio+ 4, imputati dei reati descritti in epigrafe, la difesa, a seguito di richiesta di allegazione di verbale di assunzione di informazioni effettuata dal p.m. ai sensi dell'art. 362 c.p.p., pur essendo in corso udienza preliminare con parallela escussione testimoniale ai sensi dell'art. 422 c.p.p., solleva eccezione di illegittimita costituzionale dell'art. 419, 3 comma c.p.p. nella parte in cui non prevede il difetto del potere del p.m. di proseguire le indagini anche a seguito della richiesta di rinvio a giudizio e fino alla celebrazione dell'udienza preliminare, ricorrendo solo l'obbligo per detta parte di trasmettere al g.i.p. gli atti relativi alle indagini eventualmente espletate. La questione di illegittimita e' sollevata per l'asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Costituzione. Il p.m. conclude per la pronuncia di infondatezza della questione. Nell'esame preliminare della rilevanza della questione nel procedimento in corso, si espone quanto segue. Premesso che in data 15 giugno 1996 il p.m. presso la procura della Repubblica del tribunale di Lucera avanzo' richiesta di rinvio a giudizio; che in data 8 ottobre 1996 si inizio' la fase dinanzi al g.u.p., articolatasi in piu' udienze, va evidenziato che, all'esito della discussione avutasi il 20 novembre 1996, si incardino' il momento istruttorio dinanzi al g.u.p. ai sensi dell'art. 422 c.p.p., in cui furono escussi, su richiesta della difesa taluni testi, ritenuta la deposizione degli stessi rilevante per la decisione. Dalla descrizione dei fatti si evince la rilevanza della questione prospettata, atteso che per lo stesso procedimento risultano parallelamente condotte due attivita' istruttorie: una dinanzi al g.u.p. caratterizzata dalla pienezza del contraddittorio tra le parti, l'altra dinanzi al solo p.m., all'insaputa degli imputati e della difesa, informati del compimento degli atti istruttori solo successivamente in udienza. Si rileva che escutere una persona informata dei fatti in assenza del contraddittorio, laddove per altro teste si procede nel corso della udienza, significa in concreto sottrarre la prima, escussa ai sensi dell'art. 362 c.p.p., all'interrogatorio da parte della difesa, senza pertanto consentire, per talune ed eventuali risultanze di carico una forma di "controinterrogatorio", quale invece sarebbe richiesto da una corretta espressione dell'esercizio del diritto di difesa. Per il p.m. non e' previsto alcun divieto testuale dall'art. 419 III co. c.p.p. di procedere al compimento di taluno degli atti investigativi come invece e' prescritto dall'art. 430 c.p.p., attinente alla fase successiva all'emissione del decreto che dispone il giudizio, venendo ivi testualmente esclusa la possibilita' del compimento di atti integrativi di indagine, per i quali sia necessaria la presenza del difensore. Nell'originario impianto del nuovo codice di rito l'impostazione era conseguente alla funzione attribuita all'udienza preliminare, considerata come fase eminentemente processuale. I successivi interventi della Corte costituzionale e legislativi hanno pero' mutato la natura di tale fase, in cui e' consentito al g.u.p. anche di penetrare nel merito degli aspetti della vicenda, al fine di dare o meno luogo alla successiva valutazione dibattimentale. In realta' all'esito della nuova configurazione dell'udienza preliminare, dovrebbe essere imposta al p.m. inibizione analoga a quella stabilita all'art. c.p.p., quanto meno, in tal senso restingendosi da parte del g.u.p. procedente il thema decidendum da sottoporre all'esame della Corte, in constanza di attivita' istruttoria disposta ai sensi dell'art.42 c.p.p., non essendo in discussione la possibilita' che le indagini da parte del p.m. continuino anche in momento successivo alla richiesta di rinvio a giudizio, cosi' come consentito dal combinato disposto degli artt. 405 e 407 ultimo comma c.p.p.. Va inoltre considerato che l'istituto delle indagini c.d. "suppletive" cosi' denominate in contrapposizione a quelle ordinarie, e' norma a carattere eccezionale, da interpretare in modo rigoroso e senza possibilita' di estensioni, in quanto essa si contrappone alla regola di cui agli artt. 405 e 406 c.p.p., attinenti alla durata delle indagini preliminari, con indicazione di termini definiti. Esse, attuative della direttiva n. 48 della legge delega n. 81 del 1987, si fondano sul presupposto che le determinazioni del p.m. sull'esercizio o meno dell'azione penale segnano il momento di chiusura delle indagini preliminari. La facolta' di cui all'art. 419 comma III va pertanto interpretata in modo restrittivo, altrimenti si svuoterebbe di contenuto la disciplina del termine per le indagini nonche' la regola dell'inutilizzabilita', di cui all'art. 407 c.p.p.; senza tralasciare la collocazione sistematica dell'art. 419, nell'ambito degli "atti introduttivi", dettata per la fase anteriore all'udienza preliminare. Neppure valido appare il rimedio della sanzione dell'inutilizzabilita' degli atti da sancirsi da parte del g.u.p., che sarebbe valida solo per la fase dell'udienza preliminare, degli atti di indagini acquisiti dal p.m. in costanza di istruttoria ex 422 c.p.p., poiche' gli stessi potrebbero successivamente essere utilizzati nella fase dibattimentale; oppure, in caso di sentenza di proscioglimento, gli stessi potrebbero essere utilizzati al fine di una richiesta di revoca della sentenza stessa. Anche nella giurisprudenza di merito si registrano posizioni protese ad individuare limiti temporali all'esercizio del potere d'indagine da parte del p.m., sempre nell'ottica di una corrispondente intensita' di garanzia per l'esercizio della difesa, come ad esempio evince da una pronuncia del g.i.p. di Roma del 7 aprile 1990, che "Dal quadro generale dei rapporti sistematici tra l'iniziativa del p.m. per l'instaurazione dell'udienza preliminare e l'attivita' del giudice, relativa alla fase introduttiva dell'udienza stessa" individua il limite per il potere del p.m. di espletamento di indagini suppletive, da utilizzare nell'udienza preliminare, nella ricezione da parte dello stesso p.m. dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ex art. 419 comma terzo c.p.p. (in Cass. Pen. 1990, II, 170) e dell'invito a presentare la documentazione delle indagini susseguenti al g.i.p.. Un argomento formale di sostegno puo' essere rinvenuto proprio nel dato testuale, peraltro gia' riferito, secondo cui il giudice "invita" il p.m. a trasmettere la documentazione delle indagini suppletive eventualmente svolte con l'avviso con cui fissa l'udienza preliminare, evidentemente riferendosi solo a quelle indagini svolte tra i due momenti e non anche successivamente, non essendo previsto un corrispondente invito del g.i.p. a trasmettere la documentazione delle indagini suppletive dopo l'inizio dell'udienza preliminare. Ne' sulla questione sollevata risulta rilevante il potere di controprova attribuito alle parti dall'art. 421 c.p.p., inidoneo ad integrare la disparita' di trattamento riservata alla difesa rispetto alla pubblica accusa nel contesto dello svolgimento di attivita' istruttoria ex 422 c.p.p.: il p.m. potrebbe, per cosi' dire, agire su due piani, a differenza della difesa, proiettata nella sola direzione dell'escussione testimoniale all'interno dell'udienza. Senza tralasciare l'aspetto piu' rilevante, consistente nella qualita' dell'atto assunto, sicuramente da un punto di vista qualitativo diverso da quella raccolta nel contraddittorio dell'udienza. Il diritto del p.m. di porre in essere atti integrativi di indagine anche in costanza dell'istruttoria disposta ai sensi dell'art. 422 c.p.p. determina pertanto, a parere del g.u.p. procedente, una disparita' di posizioni tra accusa e difesa, con ricadute in termini di diritto di difesa dell'imputato. Va infine riferita una ulteriore argomentazione. Al difensore, in base al nuovo art. 38 disp. att. nel testo rinovellato dal comma 2-bis introdotto dall'art. 22 legge 8 agosto 1995 n. 332 e' consentito di presentare "elementi che egli reputa rilevanti ai fini della decisione da adottare" solo nella fase procedimentale, posto che tale diritto e' attribuito al difensore della "persona sottoposta ad indagini", il p.m., grazie all'ampia portata dell'art. 419, 3 comma c.p.p., si troverebbe in una ingiustificata posizione di supremazia rispetto all'imputato ed alla sua difesa, potendo attivare altre indagini suppletive in ogni momento dell'udienza preliminare, seppure in presenza della istruttoria disposta ai sensi dell'art. 422 c.p.p., anche dopo avere conosciuto le tesi difensive, cosi' violando il principio di parita' e di garanzie della difesa, che va preservato anche solo dall'apparente sospetto di avere proceduto, nella indagine parallela rispetto a quella in svolgimento in udienza, utilizzando elementi raccolti nella stessa udienza.